
Dottoressa Maria Luisa Roberti, Pediatra
Cos’è la neofobia alimentare?
La neofobia è letteralmente la “paura del nuovo”. La neofobia alimentare riguarda la paura (ed il rifiuto) di assaggiare nuovi alimenti.
La neofobia alimentare si può presentare in quella fase della crescita in cui il lattante abbandona il seno materno per iniziare ad alimentarsi con cibi di consistenze e sapori diversi, quindi parliamo di una età che va dal divezzamento in poi.
In realtà la neofobia alimentare, secondo studi recenti, nei bambini raggiunge il picco solitamente tra i 2 e i 6 anni di età, ed è una fase di sviluppo normale, che poi diminuisce gradualmente nell’età adulta e che non presenta diversità fra maschi e femmine.
Quindi il periodo che va dai 6 mesi ai 2 anni deve essere impegnato per far conoscere al piccolo un gran numero di alimenti, di vari gusti e consistenze.
L’esposizione precoce e ripetuta a una grande varietà di sapori deve essere la cosa più importante per stimolare nel bambino il desiderio dell’assaggio.
Test e diagnosi di neofobia alimentare
Il test per la diagnosi di neofobia alimentare che viene solitamente usato è il Food Neophobia Scale (FNS-R). La Food Neophobia Scale (FNS) è uno strumento psicometrico sviluppato da Pliner e Hobden nel 1992 per misurare la neofobia alimentare. Questo, però, in realtà non può essere usato nei bambini piccoli, piuttosto solo negli adolescenti e adulti.
Questo strumento coinvolge le persone nell'indicare il loro grado di accordo o disaccordo con 10 affermazioni riguardanti cibi e situazioni alimentari. In particolare, la scala è costituita da 8 affermazionirelative a comportamenti alimentari e quindi quando parliamo di bambini ci possiamo limitare ad una osservazione attenta per comprendere la situazione e captare segnali che possano far intuire insofferenze.
Chi ha studiato come possa nascere questo comportamento di neofobia alimentare, ha dimostrato che tale modo di fare è influenzato al 75% dalla genetica (e qui possiamo intervenire ben poco), ma, al 25% è influenzato dall’ambiente e quindi dai comportamenti dei genitori ed è su questo aspetto comportamentale che si può agire e cambiare qualcosa.
Non dobbiamo confondere la neofobia con la selettività.
Anche la selettività tende a svilupparsi durante i primi 2-6 anni ma indica l’apprezzamento del bambino verso alcuni specifici alimenti con il conseguente il rifiuto di altri.
Se la selettività è assolutamente normale e migliora con crescita, la neofobia può costituire un problema per far seguire al bambino una dieta sana ed equilibrata.
Purtroppo, la neofobia può estendersi anche alla maggiore età, in alcuni adolescenti, la presenza di questa problematica può esser considerata l’anticamera di un disturbo alimentare.
Come aiutare un bambino ad assaggiare nuovi cibi
Abbiamo visto come la neofobia alimentare inizi dopo che il bambino ha superato la fase dello svezzamento propriamente detto, perché la fobia di cibi nuovi è da collegare alla conquista di autonomia del bambino ed è da mettere in collegamento ad una fase ancestrale della nostra vita.
Caterina Dinnella, Professore Associato in Scienze e Tecnologie Alimentari che ha studiato proprio queste problematiche, dice che:
«I nostri antenati vivevano in un ambiente ostile in cui era vantaggioso rimanere lontani dai cibi sconosciuti dei quali non si aveva esperienza per evitare di ingerire alimenti potenzialmente dannosi. Per questo quando i bambini iniziano ad acquisire sempre maggiore autonomia, inizia anche a manifestarsi in maniera molto evidente la neofobia. È un tratto arcaico, molto importante dal punto di vista evolutivo per la protezione della specie, che si è mantenuto nel tempo
Come mai si manifesta nei bambini?
I bambini hanno in generale un livello di familiarità relativamente basso con molti alimenti, quando viene loro presentato un cibo nuovo non riescono a categorizzarlo come sicuro, innocuo. Non essendo in grado di verbalizzare questo concetto e, nel timore “ancestrale” che un alimento nuovo possa far loro male, non arrivano nemmeno ad assaggiarlo, ma si limitano a rifiutarlo».
Quindi oltre al consiglio principale di introdurre una alimentazione variata appena lo svezzamento lo renda possibile, è particolarmente importante dare il buon esempio.
Innanzitutto, si può continuare a proporre un cibo nuovo anche se il bambino lo rifiuta: è stato infatti dimostrato che anche dopo 10-20 offerte ripetute, il bimbo inizierà ad assaggiarlo.
I bambini imparano per imitazione: se il genitore ha una dieta variegata e mangia con evidente piacere ed entusiasmo, per esempio, frutta e verdura ad ogni pasto, il bambino potrà imparare attraverso tale testimonianza ad assaggiare questi alimenti, perché mangiare con qualcuno che ama mangiare e sa farlo non può che essere un ottimo esempio!
Ma ci sono cose da non fare
Dire “mangia che ti fa bene” perchè il bambino non capisce questo concetto.
Bisogna evitare qualunque forma di costrizione o di ricatto affettivo o compensativo. Usare il sistema della ricompensa, infatti, sarebbe come ammettere che quel cibo è cattivo e per questo c’è un premio di consolazione.
Aggiungere spezie erbe o coloranti per smascherare l’alimento e cambiarne l’aspetto originario
Bisogna soprattutto tranquillizzare i genitori che il rifiuto o la mancata accettazione di alcuni alimenti è un momento transitorio nella crescita del bambino e che l’esempio di una dieta variata deve essere condivisa dalla famiglia al completo con l’aiuto di fratelli, nonni e cugini quando possibile; infatti, non dobbiamo dimenticare che gran parte dell’apprendimento avviene attraverso l’imitazione.
Giusi durso biologa nutrizionista
Neofobie e nutrizione pediatrica
Alimentazione e nutrizione in adolescenza – 1 e 2 marzo 2022
Damsbo-Svendsen, M., Frøst, M. B., & Olsen, A. (2017).
A review of instruments developed to 20 measure food neophobia. Appetite, 113, 358-367.
Child food neophobia is heritable, associated with less compliant eating, and moderates familial resemblance for BMI
Myles S Faith 1, Moonseong Heo 2, Kathleen L Keller 3, Angelo Pietrobelli 4,5
Annalisa Perino Qui abita un bambino uppa edizioni
Caterina Dinnella Professore Associato in Scienze e Tecnologie Alimentari (SSD AGR15) al Dipartimento DAGRI Scuola di Agraria, Università di Firenze









